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Cambierà il nostro modo di vivere

Posted on 14 Gennaio 2022
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Chi mai li perdonerà?

Cambierà il nostro modo di vivere

Oggi sono in molti a chiudere bottega. Le piccole attività stanno morendo non di Covid, ma per Covid.

Muoiono per le più assurde imposizioni che non convincono nessuno, ma rimangono, perché pare che a Draghi e Co. piaccia così.

Ogni giorno che passa appare sempre più evidente che il Covid, sia soltanto uno strumento diretto a sovvertire il mondo, a cambiare completamente il nostro modo di vivere, più che essere una fatalità piovutaci, inaspettatamente, tra capo e collo.

Spariranno poco alla volta, le piccole imprese, basate sul lavoro della famiglia, sui sacrifici di essa, sull’inventiva, sull’intraprendenza. Queste lasceranno spazio alle multinazionali; così come sparirà la piccola proprietà fagocitata dai grandi capitalisti.

E’ questo il futuro che ci aspetta: assai diverso da quello immaginato da Giuseppe Dossetti, forse il più importante membro della Consulta nazionale, il quale nel 1948 , auspicava che tutti gli italiani  divenissero “proprietari”.

Le imprese che sopravvivono sono dilaniate da debiti.

Domandate ai commercialisti che conoscete.

La pratica da sbrigare, che viene chiesta loro più frequentemente, è quella del sovraindebitamento, finalizzata a recuperare un po’ di respiro dalle legittime richieste di pagamento da parte dei loro creditori. Poche di esse andranno a buon fine, perché chi dovrebbe rinunciare ad una parte del credito, o dilazionarlo, a sua volta, si dibatte fra mille difficoltà.

Così bar, caffè, palestre, teatri, cinema, impianti sciistici, parrucchieri, ecc. ecc., arrivano a perdere anche il 90% del fatturato. Si lamentano, ma tutto finisce lì. Dovrebbero reagire di fronte a tante inutili e gratuite vessazioni, ma a farlo sono in pochi e quei pochi vengono facilmente bloccati. In questo modo, si dà l’impressione che tutto vada bene, con la benedizione e l’accordo delle stesse vittime. Continuando su questa strada, niente potrà cambiare, almeno a breve.

Se ci fosse poi un motivo di farlo, capirei, ma così no.

Chi ha provato la malattia, salvo casi particolarissimi, racconta che è come una influenza: un po’ di raffreddore, un po’ di febbre i primi giorni e poi tutto passa. Non si può uscire di casa, però: bisogna subire la quarantena e perdere lavoro, occasioni di lavoro, opportunità, relazioni.

Sono i vaccinati con tre dosi, i più esposti, i quali, per guarire, devono ricorrere ai farmaci. Allora, perché i governanti si mostrano così fanatici del vaccino, pronti a rifarsela anche sulle piante grasse, come direbbe un mio amico?

Sono interrogativi che attendono una risposta e prima o poi l’avremo.

Perché la follia è collettiva. Guardate la foto unita: un figlio trasporta sulle spalle il padre, per dodici chilometri, sei all’andata e sei al ritorno, attraverso la selva brasiliana, per sottoporlo alla prima vaccinazione Covid.

Sono riusciti a convincere perfino questo giovane indigeno, che vive in una plaga della foresta del Parà, considerata fra le aree del mondo, a più alto valore ecologico.

Foto rilevata da La Nazione di oggi: un giovane indigeno, per 12 Km.,  porta in spalla il padre per vaccinarlo. Chi mai li  potrà perdonare?

CHIEDO SCUSA

… per aver condiviso, ieri l’altro, un video dove si diceva che i lavoratori ed i collaboratori di Pfizer erano esenti dalla vaccinazione;

… per aver utilizzato,  la foto di un indigeno che porta il padre in spalle per sottoporsi a vaccinazione.

Nel primo caso, il video condiviso, era stato diffuso da Iradio; nel secondo caso, ho rilevato la foto dal quotidiano La Nazione, affiancata da un articolo dal seguente testo: “E’ lo scatto più significativo del 2021 – ha scritto Erik Jennings, che ha diffuso la foto di Tawi Zoé e del padre Wahu, lo scorso 2 gennaio…”.

Mi viene segnalato che la prima è una notizia falsa e la seconda è una foto che risale a ben prima del 2021!

Chiedo scusa a tutti, per essermi fidato troppo dei controlli a monte eseguiti da Iradio e da quotidiani come La Nazione e El Mundo.

Per quanto riguarda il resto ribadisco tutto quanto ho scritto.

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Sono un “commercialista – pentito” per aver esercitato per molti anni quella professione che, tuttavia non è riuscita a distogliermi da quello che più amavo: il teatro, la storia locale, le tradizioni, il culto per il dialetto, la narrativa.

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