Carlo Ludovico, duca di Lucca
Come oggi, nel 1799, nacque a Madrid, Carlo Ludovico di Borbone destinato a diventare l’ultimo sovrano lucchese. Aveva poco più di tre anni quando perse il padre ed ereditò il regno d’Etruria, sotto la reggenza di sua madre Maria Luisa. Nel 1807, madre e figlio furono cacciati dal trono da Napoleone Bonaparte e dovettero rifugiarsi in Spagna, presso la corte del Re Carlo IV. Taccio il periodo successivo che fu fin troppo movimentato con le promesse di Napoleone non mantenute, la loro prigionia a Nizza, la tentata fuga di Maria Luisa ed il suo arresto a Roma, del periodo lucchese.
Carlo Ludovico e la madre, Maria Luisa, arrivarono nella nostra città il 7 dicembre 1817, poco prima che Carlo compisse il suo diciottesimo compleanno.
Il 5 settembre 1820 venne celebrato il matrimonio di Carlo con la principessa Maria Teresa di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I, Re di Sardegna.
Lui ventunenne e lei diciassettenne, costituivano, a detta di tutti, la più bella e la più giovane coppia fra quelle regnanti. Tuttavia, i loro caratteri erano completamente diversi: lui godereccio, libertino, spensierato e lei profondamente religiosa (al contrario di lui), forse un po’ ipocondriaca e chiusa. Tirarono avanti, come prescriveva l’etichetta, ma senza amore, anche se fra loro ci fu “rispetto”, come ebbe a dire lo stesso Carlo Ludovico. Rispetto da parte di lei; assai meno da parte di lui, che non cessò mai di correre la cavallina.
Una mano gliela dava sicuramente il modo in cui avevano impostato la propria unione: lui in giro per il mondo e quando si fermava, soggiornava nel palazzo ducale; lei, assorta nelle sue preghiere, lo aspettava qualche volta nella villa reale di Marlia e successivamente in quella di Capezzano Pianore che il marito aveva fatto costruire ed infine, in quella di San Martino in Vignale.
Comunque ebbero il tempo ed il modo di mettere al mondo due creature: Luisa Francesca nel 1821 e Carlo Giuseppe, nel 1823.
Nel 1824, a soli 42 anni, morì Maria Luisa, madre di Carlo Ludovico. La nuora, Maria Teresa divenne solo nominalmente duchessa di Lucca, perché poco si faceva vedere a corte. Del resto i sudditi vedevano poco anche Carlo Ludovico, in quale, “in tutt’altre faccende affaccendato”, aveva poco tempo da dedicare al governo della città. Per questo, aveva lasciato carta bianca, al nobile e fidato Ascanio Mansi.
Forse fu un bene per i lucchesi, perché se non ci fosse stato il Mansi, sarebbe stato lui a governare a tempo pieno, con i risultati facilmente immaginabili. Ho già detto che era un tipo un po’ scioperato, amante della bella vita, donne a calo e vizio del gioco. Coerentemente fece erigere a Bagni di Lucca, un Casino, dove spese soldi e nottate: soldi suoi e dell’erario lucchese, che rischiò il tracollo.
A Lucca si sapeva di questo suo vizio, ma nessuno osava dirlo. Si parlava piuttosto dei meriti che non aveva, come il totale recupero, a sue spese, del convento dell’Angelo, di cui abbiamo parlato in altra occasione. Ebbe però il merito di permettere, nel 1942, la costruzione della ferrovia Lucca-Pisa
Altro merito che gli va attribuito è quello di aver consentito e promosso nel 1839, la coltivazione del riso, intorno al lago di Sesto rigorosamente proibita fin dal 1612 per i danni “che ne venivano alla salute”.
Carlo Ludovico, “nella lista dei tiranni – sentenziò Giuseppe Giusti — non fu né carne né pesce”.
Pur mezzo tiranno, a Lucca costò come fosse intero e forse qualcosa di più se si mette nel conto anche la vendita di quelle cose d’arte, appartenenti a Lucca, effettuata a certi sedicenti mercanti inglesi che sembra non pagassero nemmeno la preziosa mercanzia. Per quanto riguarda le libertà istituzionali reclamate dai lucchesi, Carlo Lodovico promise molto, specie quando la paura lo consigliava di farlo, ma mantenne assai poco.
Quale atto finale della sua reggenza dette incarico al suo stalliere, nel frattempo nominato Ministro delle Finanze di vendere Lucca alla Toscana.
L’atto di cessione fu firmato il 4 ottobre 1847 e mentre la notizia fu accolta a Firenze da unanimi manifestazioni di giubilo, a Lucca, il fatto di sapersi aggregati alla Toscana non entusiasmò che alcuni e anche questi dovettero ricredersi di lì a poco. Insieme agli uffici governativi, Lucca perdette l’Università ed il Tribunale Supremo. Le massime industrie locali come la Burlamacchi & Donati nel settore tessile e la Domenico Pollera nel settore cartario si trovarono ridotte a mal partito per l’assoluta mancanza di una politica protezionistica, come denunceranno gli stessi responsabili delle ditte in due memorie alla Camera di Commercio.
Dopo la vendita di Lucca, fu, per due anni, Duca di Parma. Morì a Nizza il 16 aprile 1883.
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Grazie per questi fatti di storia lucchese che fa sempre bene a rinverdirne la memoria.