C’è un Caffè a Lucca …
C’è un Caffè a Lucca, chiuso da anni ormai, che dovrebbe essere riaperto ed elevato alla dignità di Museo. E’ il caffè Di Simo, già Caselli, già Carluccio, che si trova a circa metà di Via Fillungo, sulla destra, procedendo verso nord. Fu il droghiere Carlo Caselli ad aprirlo intorno alla metà del XIX secolo e a farlo conoscere come “Caffè Carluccio”. Fu però il figlio Alfredo a renderlo “tempio letterario e artistico”, conosciuto, ben oltre i confini di Lucca. Alfredo proseguiva l’attività del padre, ma amava la letteratura, la musica ed in genere, ogni forma artistica. Per questo cercava (e vi riusciva), di stringere amicizie con poeti, letterati, musicisti, pittori ecc. ecc..
Così fu amico di Giacomo Puccini, di Giovanni Pascoli, di Gino Custer De Nobili, di Gabriele D’Annunzio, di Giosuè Carducci, di Alfredo Catalani, di Libero Andreotti, di Giovanni Verga, di Pietro Mascagni ed altri. Per molti di loro fu mecenate provvido e disinteressato.
Queste frequenze ed i suoi viaggi all’estero (Inghilterra, Francia, Grecia, Turchia, Russia spingendosi fin nell’Oriente), lo resero persona colta, elegante e raffinata. Trovava il tempo di curare scrupolosamente il suo negozio, che fu il primo a Lucca a mettere in vetrina le caramelle confezionate in involucri, dalle originali immagini commissionate ai suoi amici pittori. Era anche molto signorile ed arredato con gusto e senza risparmi. Prima dello scoppio della Grande Guerra cedette la sua attività ai fratelli Di Simo, ma il Caffè continuò ad essere il cenacolo degli intellettuali italiani, che si riunivano nelle sue “bolge”, come erano chiamate le stanzette riservate all’interno dell’edificio.
Nel 1932 fu istituito il Premio Caselli, annuale, riservato alla letteratura alla pittura, alla scultura ed alla musica. Il premio, creato con l’intento di onorare la memoria del mecenate lucchese, fu assegnato per quattro anni nei locali stessi del Caffè.
Il prof. Felice Del Beccaro e Giuseppe De Robertis, nel 1947, vi istituirono il Gruppo Culturale “Renato Serra”, frequentato da Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Enrico Pea, Giuseppe Ardinghi, Emilio Cecchi, Giorgio Pasquali, Mario Praz, Mario Pannunzio, Guglielmo Petroni, Edoardo Taddeo, Gaetano Scapecchi ed altri ancora.
Insomma nessun uomo di cultura, o artista, poteva esimersi dal venire a Lucca per frequentare almeno una volta quel locale. Recuperiamolo.
18 Commenti. Nuovo commento
I miei genitori hanno fatto la loro colazione di nozze in questo bellissimo caffè nel 1947. Ho sempre fatto un punto in cui fermarmi quando a Lucca! Mi piacerebbe vederlo di nuovo aperto!
Quei banconi alti, gli specchi, le vetrinette … quasi museo della Belle Epoque.
Io lo frequentavo negli anni 70 ed era veramente bello, ed una volta che ci passo davanti mi viene un po’ di malinconia.
A me succede la stessa cosa e quando passo di lì cerco di distrarmi per non ricordare l’atmosfera che regnava in quelle salette (le bolge).
Ciao Giampiero grazie di queste messe a punto che riguardano il nostro passato.Spesso noi lucchesi poco conosciamo di queste iniziative e quant’altro, che ci ha fatto conoscere e anche reso famosi nel mondo.
Purtroppo è così e più il tempo passa e più si tende a dimenticare quello che è stato ed ha rappresentato per l’Italia intera quel luogo. Pensa che nel 2014, la gente usava assicurare le biciclette alla saracinesca di quel Caffè chiuso. Evidentemente quelle persone non ne conoscevano la storia altrimenti avrebbero avuto più rispetto. Scattai una foto e la pubblicai su FB per richiamare l’attenzione dell’Amministrazione comunale. Da allora non ho più visto quello spregio ma sono sicuro che continuando così ne vedremo anche di peggio.
Io lo frequentavo ai tempi in cui, per 5 anni, mi recavo all’Istituto Tecnico Francesco Carrara, dopo essere arrivato alla Stazione FF.SS. da Viareggio. Le soste d’obbligo per me erano lì a alla Cubana per un buon caffè con il cornetto….. Sono sempre stato affascinato dall’arredamento del locale che in effetti richiamava i tempi della Belle Epoque…..
Rimetterlo in auge in effetti sarebbe estremamente interessante per sottolineare la vena artistica ed intellettuale della città!
Anch’i ho tanti ricordi di questo perché frequentavo l’Istituto Tecnico Carrara di Via Fillungo ed ogni giorno passavo da lì.
Io ricordo il piano bar con pianoforte a coda e incontro di artisti.
Era un Caffè traboccante di storia e porto sicuro per tanti intellettuali italiani.
Sono particolarmente onorata di aver Giampiero Della Nina fra i personaggi di “Lucca forever” volume secondo, “Il libro che non c’era”, che uscirà fra pochissimo. E’un libro dedicato a Lucca a cui prendono parte tanti artisti lucchesi, fotografi, scrittori, pittori. Grazie a Giampiero Della Nina che, fra queste pagine, ci parlerà dell’antico caffè Caselli, punto di riferimento nel passato di grandi musicisti e uomini di cultura lucchesi, nonchè emblema di un fastoso passato della storia di Lucca. Grazie per questa bellissima partecipazione.
Sono io ad esserne onorato. Grazie.
Sono in imbarazzo, ma contento di aver scoperto stasera
La frase non è stata completata, ma voglio immaginare che avrebbe dovuto essere un complimento. Grazie.
Spesso per danaro e ingordigia di esso, si perdono valori e punti di riferimento importanti, come appunto il caffè Di Simo a Lucca. Ai tempi del Cinema in via Fillungo, (tra l’altro splendida struttura) dopo il film, si andava al Di Simo, pianoforte, atmosfera calda e accogliente, il brusio di conversazioni, mai urlate, è stato per anni un gradevole passatempo e il caffè o la cioccolata calda, non avevano eguali. Mah, per queste cose, ci vorrebbe una petizione pubblica affiancata alla volontà delle amministrazioni cittadine. Mi auguro che anche questo pezzo di storia non vada in mano ai cinesi, con i loro sushi e birra scadente, come successo all’altro simbolo cittadino, il Caffè delle mura.
Me lo auguro fortemente anch’io, purtroppo però, la speranza è poca perché oltre a mancare i soldi, manca nei nostri governanti la cultura necessaria a scongiurare tali accadimenti. Tempo fa scrissi un post su Facebook, nel quale misi in evidenza tutte quelle vendite fatte da italiani a stranieri in questi ultimi anni. Se lo rintraccia lo legga e si accorgerà che l’Italia non è più nostra.
Sicuramente miei lontani partenti e quando residente a Lucca era il mio bar preferito per ricordare i tantissimi personaggi che sono stati ospiti e per ricordare il mio cognome. Mi si stringe il cuore perché, anche se privato, il comune o la provincia dovrebbero prenderne cura e trasformarlo in museo per la sua importante storia.
Era il bar preferito da tanti. Lì veramente la nostra storia si toccava con le mani. Sicuramente sei un loro parente.