Che pacchia, stare in manicomio!
David Luchetti, soprannominato Sparaorsi, era un personaggio, conosciutissimo a Lucca, nella prima metà del secolo scorso. Di lui hanno scritto, L.G. Paolini, in “Tavolozza” e Lorenzo Viani, in “Le chiavi nel pozzo”. Io tento di fare una sintesi di queste testimonianze per presentarvi un personaggio che val la pena di conoscere.
Nessuno sapeva da cosa derivasse il suo soprannome. Una cosa però era certa: egli non aveva mai sparato agli orsi non possedendo né un fucile né cartucce, essendo estremamente povero.
Faceva il lustrascarpe, in piazza San Michele, sotto la Loggia del Civitali. Il suo patrimonio consisteva in “ … una sedia tarlata e zoppicante, in un paio di logore spazzole, in qualche straccio, in un panchetto e in poco cerone, regalatogli per carità”. Di suo ci metteva un po’ di sputo e tanto olio di gomito. Era magrissimo. D’estate, vestiva di stracci rattoppati e come calzari, portava qualcosa che soltanto con parecchia fantasia potevi chiamare scarpe, “risuolate con la pianta dei piedi vivi”.
Chi ha un paio di scarpe d’avanzo?
A qualcuno domandava se avesse un paio di scarpe d’avanzo. Sicuramente al priore, con il quale era in confidenza e che molto spesso, gli passava una presa di tabacco, in cambio di una veloce lustratina.
Chiedeva però se avessero l’elastico o le stringhe e c’era un motivo per cui lo faceva: una sera per allacciarsi le scarpe si era accomodato sulla pietra di un pozzo e vi era caduto dentro. E poi vi era caduto una seconda volta per spiegare a chi l’aveva soccorso, come vi fosse precipitato. A stento lo avevano recuperato e tirato su “intorzato d’acqua come un ombrellaccio da diluvio” – racconta Lorenzo Viani.
Di notte dormiva in Loggia, dove aveva bottega, sopra un cartone.
Il problema si presentava agli inizi dell’inverno, quando neanche il cappottone militare, carico di anni e di toppe, ed i tanti grappini, consumati nel baretto strizzato fra i due ingressi della Banca Commerciale, riuscivano a preservarlo dal freddo pungente.
Sparaorsi, in un estremo tentativo di sopravvivenza, tirava i sassi in qualche vetrina di Via Nazionale (oggi via Veneto), per farsi arrestare e ripararsi dal freddo negli accoglienti locali di San Giorgio.
Finalmente in carcere senza nuocere al prossimo
Ma Sparaorsi era uomo incapace di far male anche ad una mosca, o di recar danno al prossimo, per cui cambiò strategia. Ai primi morsi del freddo, correva alla caserma dei carabinieri ed iniziava a trattare il piantone, peggio che poteva. Ce n’era per lui e per tutti i suoi morti fino al settimo grado, finché non usciva il maresciallo per accompagnarlo in guardina.
-Ci voleva tanto – esclamava allora, tutto sorridente! Non lo vede che tempaccio?!-
In Tribunale, anziché discolparsi, ammetteva tutto e finiva con il chiedere al Pretore di far le cose “per benino”, da farlo restare dentro fino ad aprile.
-Se no, mi toccherà disturbare questa brava gente! – diceva, indicando il carabiniere offeso.
Così facendo, era riuscito a mettere insieme la bellezza di 101 condanne, afferma il Paolini. Per Lorenzo Viani sarebbero state soltanto 83, ma, sempre, un numero da primato.
Finalmente fu trovato il modo di rendergli un po’ di giustizia e così Sparaorsi, benché sano di mente, fu ricoverato nel manicomio di Fregionaia, addetto alla pulizia ed al servizio della mensa dei medici.
Mangiava tutti i giorni, anche il dolce, ed allietava i suoi pasti con qualche bicchierotto di vino.
–Se lo avessi immaginato di stare così bene in manicomio, invece di trattar male i carabinieri, avrei bevuto tanti grappini, da diventare subito, alcolizzato cronico! –
Nella foto: il manicomio di Lucca