Dover morire con tanta musica nel cuore
Queste furono le ultime parole di Alfredo Catalani, un grande musicista di Lucca, purtroppo quasi dimenticato.
Sul letto di morte, lo assisteva il suo giovane amico, ma già molto noto in Italia, il maestro Arturo Toscanini.
Alfredo era nato a Lucca il 19 giugno 1854 e come Giacomo Puccini apparteneva ad una famiglia di musicisti. Per Puccini la vita non fu facile, ma per Catalani lo fu ancora meno, La sua, sembrava una famiglia presa di mira per farvi convergere malattie e lutti. Per la tisi aveva perso un fratello ed una sorella e lui stesso ne era affetto. Ebbe una lunga storia d’amore che finì male. Questi accadimenti lo avevano profondamente segnato, rendendolo chiuso e solitario.
Insegnante a Milano
Dopo un breve soggiorno a Parigi si recò a Milano e fu insegnante nel Conservatorio, succedendo al Maestro Ponchielli. Si era messo in luce con “La Falce”, una cantata per due voci e coro, su libretto di Arrigo Boito.
Seguirono “Elda”, “Dejanice”, “Edmea”, “Lorely” e “Wally”. Furono specialmente queste due ultime opere ad essere le più apprezzate. Vi aleggiava quell’atmosfera nordica, composta, malinconica che gli era congeniale e che si accostava alle musiche di Liszt e Wagner.
La “Lorely” fu portata in scena nel 1886, mentre la “Wally”, fu rappresentata nel 1891. Gustav Mahler la diresse ad Amburgo e la definì “la migliore opera italiana”. Toscanini la portò in trionfo. Puccini la apprezzò, mentre Verdi ne scrisse “È un’opera tedesca, priva di cuore e di ispirazione”. E la critica clonava il Maestro Verdi, scrivendo dell’Autore: “troppo wagneriano, troppo poco italiano”
L’opera non piacque neppure all’editore Ricordi che non fece nulla per promuoverla e, probabilmente, non ebbe mai simpatia per l’Artista, tanto che non si fece vedere neanche al suo funerale.
Se non fosse stato per il Maestro Toscanini, forse Alfredo Catalani non sarebbe stato neppure conosciuto dal gran pubblico, sarebbe scomparso come Autore. Eppure le sue opere riscuotevano sempre un grande successo ed il pubblico lo amava.
Bello e malinconico
Catalani era un bell’uomo, ma quello che restava più impresso di quel volto erano i suoi occhi. Racconta Toscanini: “Aveva degli occhi magnifici, magari più belli di quelli di Verdi; Verdi aveva gli occhi chiari, lucidi …”
Colpiva quel suo sguardo acuto ed intelligente, seppure rassegnato a quel destino segnato da una malattia che non dava speranza.
Dei compositori della sua generazione, Catalani non era forse il migliore – si disse – ma il più colto. E il più malinconico.
Gli avevano detto che in Svizzera poteva seguire una cura nuova e lui partì in treno, per tentarla e finalmente ristabilirsi. Però a Chiasso venne colpito da una violenta crisi e fu ricoverato in un ospedale di Milano. Il 7 agosto del 1893, a 39 anni, morì, e quella stupenda musica che conservava nella sua mente e nel suo cuore, la portò con sé. Per sempre.
Giovani Pascoli scrisse per l’epigrafe del suo grande amico il seguete bellissimno distico: “Pende dal salice l’arpa ma cantano ancora le corde / tocche da dita che i nostri occhi non vedono più“.
Arturo Toscanini volle chiamare sua figlia Wally, come l’opera del suo indimenticabile amico. E quando qualcuno gli chiedeva di ricordarlo, diceva: “era il più simpatico dei compositori”.
Tanto caro che al paese, in suo onore, vollero costruire un teatro. Sarà l’argomento di domani.
Nella pittura, il Maesro Alfredo Catalani