Elvira minaccia Giacomo Puccini
Già il 31 gennaio l’avvocato Carlo Nasi scriveva a Puccini, ancora a Roma, che “il paese tutto … impreca contro la moglie tua ed esprime sentimenti ostilissimi”, e pertanto non avrebbe dovuto ritornare a Torre del Lago.
Avvertimento inutile perché Elvira non aveva alcuna intenzione di lasciar Milano, dove poteva consultare i migliori avvocati per la sua causa. Era sicura di essere dalla parte della ragione, e neanche si convinse mai che Daria Manfredi fosse vergine. Chi aveva eseguito l’esame per appurarlo, era il dottor Giacchi, amico intimissimo di Puccini e suo testimone alle nozze. Non poteva darsi che quella perizia fosse … addomesticata?
Ma il dottor Giacchi era amico anche di lei e poi se avesse davvero fatto una cosa del genere, avrebbe rischiato di essere denunciato per falsa testimonianza giudiziale.
Elvira faceva resistenza, ma sperava, ardentemente che il marito, con il suo ascendente e un po’ di soldi riuscisse a metter tutto a tacere. Invece, almeno all’inizio, non andò così, come abbiamo visto.
Con una lunga lettera datata 25 marzo 1909, glielo rinfaccia: “ …quello che non avresti dovuto permettere è che la madre di tuo figlio figurasse sul banco degli accusati, in mezzo a carabinieri e guardie di questura come un delinquente qualunque. Io non feci così quando si trattò della querela della Torinese … mi offrii di venire a Milano a far tacitare questa cosa, per la quale tu avresti rischiato il carcere”.
Elvira si riferiva alla torinese Corinna, con la quale il Maestro aveva avuto una relazione che durò per quasi quattro anni. Parlerò anche di questa, se capiterà l’occasione.
E’ tanta l’acredine di Elvira nei confronti del marito che, nella stessa lettera gli scrive: “Per troppo tempo hai fatto di me la tua vittima … Ma se c’è un Dio dovrà farti pagare quello che hai fatto soffrire a me … Col tuo egoismo hai distrutto una famiglia … Non hai più vent’anni … e verrà presto il giorno in cui l’isolamento ti peserà e ricercherai le cure e l’amore di una persona affettuosa, ma sarà troppo tardi … La tua teoria che col denaro si può avere tutto è sbagliata perché l’affetto e la sicurezza di avere intorno delle persone affezionate, non si comprano … Se posso darti un consiglio, è quello che tu smetta di mentire perché forse è il solo mezzo per riabilitarti in faccia a tutti. Perché tu menti anche a te stesso…”
Questa lettera, come ho detto è assai lunga ed io ne ho riportato soltanto i periodi più significativi.
Giacomo Puccini le rispose di non aver paura delle sue minacce perché “1.000.000 di persone sono lì ad attestare l’onestà e la probità e la sincerità della mia vita d’uomo e d’artista”.
Neanche lui però ne era convinto fino in fondo e, dopo la sentenza di primo grado, alla quale era seguito l’appello da parte di Elvira, il Maestro si adoperò per chiudere la vicenda che avrebbe potuto, addirittura, compromettere la sua carriera.
La famiglia Manfredi aveva avuto la soddisfazione di veder condannare sua moglie e quindi poteva benissimo accettare un equo indennizzo, ritirare la querela e cessare ogni ostilità. Così fu. In appello, venne dichiarata l’estinzione della causa e Giacomo Puccini poté finalmente riprendere a lavorare all’opera che poi chiamerà “La fanciulla del West”.
E forse, mentre Elvira si concentrava sull’amore di suo marito e Doria Manfredi, non si accorgeva di altra Manfredi, un bel tipo di fanciulla, che, come la Minnie californiana, gestiva una taverna a Torre del Lago.
Nella foto: Doria Manfredi, presunta amante di Giacomo Puccini.