Giovanni Pascoli nel suo quotidiano
Giovanni Placido Agostino Pascoli nacque a San Mauro di Romagna, come oggi, nel 1855. Ebbe una infanzia molto infelice: a dodici anni perse il padre ucciso in un agguato e poco dopo la madre. Quarto di dieci figli, fra mille difficoltà di tipo economico, frequentò la scuola fino alla laurea in lettere, conseguita a Bologna. Nella sua prima opera, Myricae (1891), riporta i vari momenti della sua triste fanciullezza.
Fu, insieme a Gabriele D’Annunzio , il più grande poeta del decadentismo italiano. Si distinse anche come saggista e per i suoi studi su Dante Alighieri. Insegnò a Messina, Pisa ed infine a Bologna, in sostituzione del suo antico maestro Giosuè Carducci. Ma io non voglio ricordarlo per le sue opere o per i suoi altissimi meriti. Ne hanno parlato già critici ed estimatori, assai meglio di quanto possa fare io. Mi limiterò invece a ricordarlo, brevemente, attraverso le sue lettere all’amico Caselli nella sua quotidianità, con i suoi pregi, debolezze, difetti.
Nel 1895 riuscì ad acquistare, con l’aiuto dell’amico Alfredo Caselli, proprietario dell’omonimo caffé di Via Fillungo, una casa a Castelvecchio di Barga e lì trascorse insieme alla sorella Mariù, gli ultimi anni della sua breve vita. Fece loro compagnia, per diverso tempo, un canetto chiamato Gulì, la cui morte, viene ricordata dal Poeta ad un amico, con queste parole: “Io non credevo d’averne a provare così grande dolore: un cane … Già, un cane che ama non vale infinitamente più di quasi tutti i nostri fratelli uomini che non amano o che odiano o che né amano né odiano ?”
Il poeta si innamorò ben presto della sua casa di Castelvecchio, di Lucca, che chiamava “piccola Roma”, dei lucchesi ed in particolare dei lavoratori più umili, come i barrocciai. Con loro si intratteneva volentieri davanti ad un quartino presso l’osteria Lemmetti di Ponte di Campia, imparando ed annotando parole ed espressioni dialettali. Quali migliori maestri di loro?
Al Poeta piaceva il vino e non ne faceva mistero. Sentite come parlava del Chianti: “Per Bacco Dio! Una botte! Di Chianti vero che da tanto che sono al mondo, non avevo assaggiato mai! Di Chianti vecchio! Così soave che il suo sapore è un odore! Tale ch’empie d’ orgoglio il mio cuore che è italiano anche quando beve; perché non c’è Bordeaux che tenga! Per ora ho empito 4 damigiane e non so quanti fiaschi: il tutto ben guardato dall’olio. Ma appena avrò tempo ne farò bottiglie ben suggellate e ne aprirò una per ogni volume che farò che mi piaccia”.
Era amico anche di Giacomo Puccini e quando se ne presenterà l’occasione, parlerò della poesia che il Pascoli gli dedicò, a consolazione, dopo il clamoroso insuccesso a Milano della prima di Butterfly.
Il 14 febbraio 1906, il sindaco di Lucca, dott. Massimo Del Carlo, conferì a Giovanni Pascoli ed a Giosuè Carducci la cittadinanza onoraria.
Giovanni Pascoli, già ammalato di cirrosi, morì di cancro al fegato a Bologna nel 1912. Aveva appena 56 anni. Ateo, fu sepolto nella cappella annessa alla sua casa di Castelvecchio, dove sarebbe stata sepolta anche la sua amata sorella Mariù.
4 Commenti. Nuovo commento
Giampiero parlaci e dilettaci di queste primizie.Non di Vaccini.Lascia laparola e i commenti a chi ne ha conoscenza scientifica.la tua parola autorevole spendila dove hai competenze e conoscenze.
Caro Eugenio, non intendo assolutamente rubarti il mestiere. La mia presunzione non arriva a tanto. Infatti, se tu leggi bene, mi sono limitato ad osservazioni del tutto ragionieristiche. Come potrai notare, leggendo anche le mie precedenti risposte, mi sono chiesto perché mai sono stati ordinati almeno il triplo dei vaccini necessari in un momento in cui ci sono tantissimi scienziati alla ricerca di alternative, forse meno costose e più efficaci. Già due di questi studi sembra che abbiano sortito effetti migliorativi rispetto al vaccino Pfizer che, peraltro, non è stato sufficientemente testato. Perché tutta questa fretta, in un momento in cui, si dice, che il virus stia cambiando tanto che i vaccini attuali non avrebbero più effetti sullo stesso. A parte tutte queste considerazioni, mi vuoi dire perché ordinare il doppio o il triplo di quello che serve? In un momento in cui lo Stato dovrebbe stare ben attento a ciò che spende ad evitare di ricorrere con nuovi balzelli alla tasche dei cittadini, già esauste.
Il suo primo editore fu un certo Giusti di San Pietro a Vico (Lu), che ne pubblicò i primi lavori
Il Giusti non fu il primo editore perché Giovanni Pascoli si recò per la prima volta a Castelvecchio il 15 ottobre 1895, e già aveva pubblicato le Myricaee. Fu però un editore del Poeta durante la sua lunga permanenza in Lucchesia e quello non fu certo un rapporto facile.