Gli incontri da evitare uscendo di casa
Per gli antichi romani, il primo dell’anno, era classificato fra i giorni infausti. Proprio per questo, era necessario scambiarsi gli auguri di buona fortuna (boni fati) ed anche strenne, quasi sempre consistenti in datteri e fichi offerti in bianchi vasetti.
Dovevano essere banditi i litigi ed era di buon augurio, indossare nuove vesti, perché, come si crede e si diceva fino a poco tempo fa: “Chi rinnova il primo dell’anno rinnova tutto l’anno”.
Le varie credenze
Ai nostri giorni, resistono credenze che vengono da lontano: ad esempio, chi pensa più concretamente ai soldi, e intende propiziarne l’accumulo, inizia l’anno nuovo con il mangiare lenticchie. Porta fortuna anche mangiare uva fresca, che un tempo veniva accuratamente conservata sui cannicci posti nel ‘cameron di cima’, ovvero nello stanzone più alto della casa colonica.
Altre credenze invece si sono perse o sono in avanzata via di estinzione, come quella di prevedere la propria sorte sulla base delle prime figure incontrate uscendo di casa in quel giorno. Era considerata una vera e propria sciagura, incontrare il becchino, mentre portava bene imbattersi in un gobbo ed ambitissimo, toccargli la tergale protuberanza. Si riteneva foriero di sventure l’anno che cominciava di venerdì, e non soltanto qui da noi nel lucchese. Nel bergamasco e nel fabrianese, si dice ancora: “Entra l’anno di venerdì, disgrazie tutti i di’”. In effetti, il 2021, iniziato di venerdì, è stato un anno da dimenticare, sotto molteplici aspetti.
Le ragazze in età da marito, il primo dell’anno gettavano una delle loro ciabatte, tenuta in piedi, dal primo piano giù per le scale: se la ciabatta cadeva con la punta rivolta verso l’uscio di casa, il matrimonio sarebbe avvenuto nell’anno; altrimenti, si doveva aspettare il capodanno successivo per ripetere l’esperimento.
Rituali scaramantici
Tra i rituali scaramantici seguiti ancora oggi, che non mi risulta però appartenere alla più vecchia tradizione lucchese, c’è quello di indossare tra l’ultimo ed il primo dell’anno biancheria intima di colore rosso, per propiziare la fertilità e di gettare dalla finestra oggetti vecchi quasi a dimostrare coerenza con il ciclo della vita che si rinnova.
Porta fortuna, nel primo giorno dell’anno mangiare l’uva, che i vecchi contadini della nostra Lucchesia, conservavano gelosamente su appositi cannicci nelle loro soffitte ventilate. Questa usanza la troviamo anche in Spagna, dove tra l’ultimo ed il primo giorno dell’anno, è tradizione mangiare dodici chicchi d’uva, uno per ogni rintocco di campana che segna la mezzanotte. L’usanza risale al 1909, anno in cui, ad Alicante, si ebbe una eccezionale raccolta d’uva, che venne festeggiata con il proporla per il pranzo di mezzanotte insieme ad abbondanti brindisi con spumanti locali.
C’era chi, dai primi dodici giorni dell’anno, prevedeva l’andamento dei mesi e cioè se ad esempio la vigilia di Befana, cinque di gennaio, fosse stato piovoso, avremmo avuto un maggio (quinto mese) piovoso e così via, vaticinando. Anche a San Romano di Borgo a Mozzano, si seguiva questa linea, ma doveva essere convalidata dalla bella giornata del 25 gennaio, San Paolo, perché, c’era il detto “dei calendi non mi curo purché Paolo non sia scuro”.