I Lucchesi calarono un canino all’inferno
La Madonna del Sasso in Sant’Agostino
Con una festa solenne ed indulgenza plenaria, la terza domenica di marzo, si celebrava, nella chiesa di Sant’Agostino di Lucca, la Madonna del Sasso. Notevole era l’afflusso dei fedeli perché, la serie di miracoli che si attribuivano a quella Madonna, avevano qualcosa di veramente portentoso.
Il soldato sacrilego
Addirittura quell’immagine era stata coronata con corona d’oro dal Capitolo di San Pietro in Roma, nel 1690. Quel giorno, in processione, si portava il sangue che miracolosamente era sgorgato dal ritratto di Maria colpita dal sasso del becero soldato. Procediamo con ordine.
La leggenda dice che un soldato, per aver perso tutto quanto al gioco, preso dall’ira scagliò una pietra contro la Madonna. La pietra avrebbe colpito sicuramente anche il Bambino se Lei non l’avesse prontamente passato dalla spalla destra a quella sinistra.
Improvvisamente si aprì sotto i piedi del sacrilego una botola che lo ingoiò parzialmente e di certo, per la misericordia della Madonna, si sarebbe salvato se avesse mostrato di pentirsi.
Invece, nonostante che molte persone, presenti in chiesa ed anche qualcuna accorsa da fuori, lo esortassero a farlo, egli non mostrò di volersi ravvedere e così precipitò nella voragine senza fondo. Nella chiesa di Sant’Agostino, si può ancora vedere l’immagine della Madonna con il segno del sasso e la buca che avrebbe ingoiato il sacrilego giocatore.
Quella buca conduceva all’inferno
Era credenza diffusa che quella buca conducesse direttamente all’Inferno, tanto che uno dei ‘Giuniori’, e cioè un componente del Gran Consiglio di Lucca, avanzò la proposta «… d’infrenare il corso del Serchio, che minacciava la città e portava la desolazione nelle adiacenti campagne … d’infilarlo dentro l’Inferno, di cui si crede che Lucca possegga uno degli sbocchi».
Non soltanto da questa operazione ne avrebbero avuto un beneficio la città e la campagna, ma anche «… i poveri dannati che ne risentirebbero un certo refrigerio».
Si esperimenta. Un canino all’inferno
A confermare il passaggio all’Inferno da quella buca, si racconta che vi fu «… calata dentro una lunga fune, e ritirata in su ritrovossi in gran parte abbruciata con odore di zolfo; e una volta calovvisi un cane, che pur si tirò fuora tutto bruciato con fetentissimo puzzo; il qual similmente perché spesse volte diffondevasi per la Chiesa, ed anco perché i Putti vi tiravano dentro de’ sassi, fu ferrata di sotto con lastra di ferro, e di sopra con un chiusino di pietra inferrato …».
Sigillatura che possiamo vedere ancor oggi.
3 Commenti. Nuovo commento
Povero cane….sempre…Grande Giampiero
Evidentemente sembrò ai Lucchesi troppo poco calarci soltanto la corda.
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