Il “Dante” lucchese e l’acquaiolo Concioni
Non era difficile, trovare, un tempo, dalle nostre parti, personaggi che imparavano a memoria anche interi canti della Divina Commedia. A Lucca, c’era tal Ettore Fabbri, chiamato “Dante”, il quale, nel tempo libero faceva il calzolaio, e, nel restante declamava brani del Divino Poeta. Poi li spiegava e li commentava ai passanti, e, meglio se erano studenti universitari della facoltà di lettere. Dante era amico per la pelle di certo Concioni, di professione “acquaiolo”. Tal mestiere consisteva nel portare, a spalla, nelle case di Lucca, barili di acqua potabile di Guamo. Un mestiere duro, dovendo salire decine e decine di ripidi scalini con pesi non indifferenti sulle spalle. Concioni avrebbe preferito di gran lunga trasportare vino in barili, che avrebbe saputo alleggerire, strada facendo.
Per chi viveva a “Lucca dentro” era abbastanza facile, incontrare i due amici che uscivano abbracciati da una delle tante mescite di Lucca.
Come le persone, anche le mescite, venivano identificate con nomignoli, ricchi di fantasia e di significati. Ce n’erano molte: “da Piombo”, “da Doro”, “dalle Potte Sante” in Piazza XX Settembre, “da Buci” in Chiasso Barletti. E questo è soltanto un breve campionario, a dimostrare quanta sete avessero i lucchesi di un tempo e quanto i costumi siano cambiati. Per chi si imbatteva in questi due amici a una certa ora di notte, quando avevano fatto il pieno, lo spettacolo era assicurato. Entrambi usavano un linguaggio solenne e forbito
-Or dunque, cedi il brando o trarrotti di qui per loco etterno – gridava Dante.
-Scendi da quel treppiede, turpe villano – rispondeva pronto il Concioni.
E poi, saltavano dall’Inferno al Paradiso transitando per il Purgatorio, con una disinvoltura, da far invidia ai più accreditati cultori danteschi. Domani vi racconterò quando il nostro Dante andò a far lezione all’ateneo pisano.
Nella foto: un cenciaiolo lucchese dei tempi di Il “Dante” lucchese e l’acquaiolo Concioni.