Il lucchese Pompeo Batoni, sommo ritrattista del ‘700.
Figlio dell’orafo Paolino e di Chiara Sesti, Pompeo Batoni nacque in Via dell’Anguillara a Lucca, come oggi, il 25 gennaio 1708. Iniziò a lavorare nell’oreficeria del padre acquisendo velocemente il mestiere, ma si accorse ben presto di avere una certa predisposizione per la pittura. Se ne rese conto anche il nobile Alessandro Guinigi che gli consigliò di andare a Roma per affinare questa arte. Non solo lo consigliò, ma, più importante, gli offrì i mezzi per mantenersi in quella città.
Aveva poco meno di venti anni quando si trasferì a Roma dove frequentò, come apprendista le botteghe di Agostino Masucci, Sebastiano Conca e Francesco Imperiali. Sebastiano Conca, all’epoca, era molto conosciuto per aver aperto nel 1710 l’Accademia del nudo, frequentata dai giovani pittori di mezza Europa.
Il Batoni, a Roma, fu ribattezzato il “Lucchesino”. Non soltanto, frequentava le botteghe dei pittori più noti, ma nel tempo libero, si esercitava a disegnare volti, a riprodurre statue, a leggere con scrupolo ed attenzione le pitture di Raffaello e di Michelangelo. Neanche disdegnava la compagnia delle floride ragazze romane e da lì a poco s’innamorò della figlia del custode della Farnesina che sposò nel 1730.
Questo matrimonio gli comportò la perdita degli aiuti da parte del suo mecenate Alessandro Guinigi, il quale trovava che il suo pupillo avrebbe potuto pretendere qualcosa di più, rispetto ad una giovane di basso rango com’era la figlia d’un custode.
La vita si fece più dura: doveva campare una famiglia, costituita dalla moglie e due figlie, con un lavoro che a quel tempo non gli rendeva nulla. Dovette perciò rassegnarsi ad eseguire lavori per altri pittori, come riempire le tele di figure secondarie o ad eseguire miniature su ventagli e ceramiche.
Nel 1744 gli capitò di eseguire un ritratto del nobile inglese Joseph Leeson, di passaggio da Roma, tela che oggi si conserva a Dublino nella Galleria Nazionale. Eseguì anche altri ritratti su commissione, talmente apprezzati, che molti gentiluomini inglesi venivano appositamente a Roma per farsi ritrarre da lui.
La sua fama di grande ritrattista si espanse rapidamente e nobili, principi, cardinali, imperatori e papi si rivolsero a lui per essere immortalati. Nei suoi dipinti troviamo il granduca Pietro Leopoldo, l’imperatore austriaco Giuseppe II, Francesco I, i papi Benedetto XIV, e Pio VI.
La sua produzione di figure fu enorme, ma anche fu autore di sacre rappresentazioni, ed altre, come la “Maddalena”, che si conserva alla pinacoteca di Dresda, “Matrimonio di Amore e Psiche” a Berlino, “Apollo e due Muse”, il “Trionfo di Venezia”, la “Sacra Famiglia”, “La caduta di Simon Mago” eseguita per la Basilica di San Pietro in Vaticano.
A Lucca, nel Museo Guinigi, possiamo ammirare una sua tela dipinta nel 1743: l’ “Estasi di Santa Caterina da Siena”. Agli Uffizi troviamo “Achille alla corte di Licomede” ed “Il neonato Ercole che strangola i serpenti nella sua culla”.
Scrisse di lui il Canova: “Mi piacque moltissimo il suo disegnare tenero, grandioso, di belle forme”.
Negli ultimi anni di sua vita, dovette arruolare diversi apprendisti per far fronte alle tante richieste ma neanche così poté consegnare le opere nei tempi previsti.
Fu sicuramente il più grande ritrattista del secolo XVIII°.
Al culmine della fama e della operosità, un ictus lo rese infermo e ne morì l’anno successivo, il 4 febbraio 1787, all’età di 79 anni.
Nell’immagine: “La caduta di Simon Mago”, di Pompeo Batoni, in Santa Maria degli Angeli a Roma (1746-1755)