Il tiralatte umano
Fin oltre la metà del secolo scorso, lo svezzamento del bambino avveniva in modo naturale e cioè era il bambino stesso che decideva quando rinunciare al latte materno per i cibi solidi. La mamma quindi era preparata e già rassegnata a subire i relativi inconvenienti, in particolare i morsottini spesso dolorosissimi dei capezzoli.
I morsi non potevano certamente essere considerati atti di sadismo, e neppure dimostrazioni di affetto, ma neanche segni premonitori della diffusa credenza che «… i bimbi che mordon le puppe a su’ ma’ sono sfortunati», come riferisce Idelfonso Nieri, il quale si affrettava ad aggiungere: «… ma a questo io ci credo così e così, perché, più o meno, le abbiamo morse tutti …”
Non possiamo che condividere queste parole, ed apprezziamo ancor di più l’intervento del professor Nieri perché testimonia che lo svezzamento poteva arrivare anche fino ai tre anni, tre anni e mezzo, se lui ricorda così bene di aver azzannato le materne poppe.
Altro inconveniente derivava dal fatto che se il bambino decideva in modo così brusco, per un suo capriccio, di poter fare a meno del naturale nutrimento, ciò cagionava una dolorosa tensione e rigonfiamento del seno materno perché continuava la produzione latte senza un corrispondente consumo. Tutto ciò avrebbe portato ad un ingorgo e in men che non si dica, alla mastite, una dolorosa infiammazione che si manifesta con gonfiore e arrossamento di una o delle mammelle. Il latte prodotto quindi doveva essere tolto e, a Porcari, e forse in altre zone della Lucchesia, usava rivolgersi al succhiatore.
Non si trattava di una macchina o di un utensile, bensì di una persona in carne ed ossa, ma priva di denti. Ce lo descrive Otello Di Cesare, porcarese purosangue, scrittore e testimone: «Il succhiatore era un vecchietto che veniva chiamato dalle sangiustine (intende : porcaresi, dal patrono San Giusto), quando, dopo lo svezzamento del bamboretto novello, le puppore continuavano a produrre latte, e andavano in pressione provocando dolori atroci. Così il succhiatore veniva chiamato per succhiare, molto arzillo nella specialistica terapia, brancicante anche oltre il territorio necessario. E se il latte faceva bene ai bamboretti, non faceva male certamente a lui, essendo anche più nutriente di quello delle vacche».
Immagine: La Tempesta di Giorgione, c.ca 1505, Galleria dell’Accademia-Venezia. (Una mamma allatta, mentre sta per scoppiare una bufera)