La magia del solstizio d’estate
Sin dai tempi remoti il solstizio d’estate, tra il 21 e il 22 giugno, è visto come un momento magico e propiziatorio, da celebrarsi solennemente. Nell’antica Roma, c’era l’usanza di remare sul Tevere a bordo di barche ornate di fiori, quindi si trattava di una festa acquatica.
La chiesa stendendo il solito velo sulla ricorrenza pagana, l’ha sostituita con la festa religiosa del 24 giugno, dedicandola a Giovanni Battista, il santo dell’acqua, cugino di Gesù. Giovani è un martire della Chiesa decapitato, perché aveva osato condannare pubblicamente la condotta di Erode Antipa, convivente con la cognata Erodiade. E’ l’unico santo della chiesa ad essere festeggiato nel giorno della sua nascita, anziché nel giorno della morte, come d’usanza
Per la magia, il 24 giugno è il giorno del solstizio e nella notte tra il 23 e il 24, avvengono prodigi di ogni sorta.
Festa dell’acqua e del fuoco
Festa dell’acqua ma anche del fuoco. In certe zone del nord Europa i giovani innamorati formano coppie, che tenendosi per mano scavalcano con un salto i falò, accesi nei campi, chiamati “fuochi di mezza estate” o di San Giovanni. Oppure corrono nei prati con torce accese. Il fuoco, evidentemente vuole rappresentare il sole e l’amore.
Scrive James George Frazer in “Il ramo d’oro”: “Uno scrittore della prima metà del XVI secolo ci dice che, in ogni villaggio e cittadina della Germania, si accendevano i falò la vigilia della festa di San Giovanni e che tutti, giovani e vecchi, uomini e donne, vi si radunavano intorno per ballare e cantare. In quell’occasione, la gente indossava ghirlande di artemisia e verbena, e guardava le fiamme da dietro mazzolini di speronella, così da conservare gli occhi sani per tutto l’anno”.
Quante credenze, quanti riti ricorrono in questo giorno! Si parte già dalla vigilia con il dar fuoco ad un aggregato di paglia e fascine contenente un aglio. Questo rito preserva da malattia i buoi, tanto preziosi per il lavoro nei campi.
In quella notte nascevano streghi e streghe
Ma era anche un giorno estremamente pericoloso perché se uno aveva la disgrazia di venire alla luce alla mezzanotte in punto del 23, la sua sorte era segnata: nasceva strego o strega, a seconda del sesso.
Strego poteva diventare anche quel bimbo che la notte di san Giovanni rispondeva alla chiamata di una strega; ed aveva molte probabilità di diventarlo chi nasceva tra il 24 ed il 29 giugno, san Pietro.
Si poteva rimediare a questa mala sorte, se al compimento del dodicesimo anno, costui, riusciva a restare sveglio, nella notte di San Giovanni, senza mai andare a letto e se per tutta la notte riusciva ad ignorare gli inviti dei tanti streghi che a mezzanotte sarebbero passati per chiamarlo.
Si usava inoltre, per tenere lontane le streghe dalla propria casa, appoggiare alla porta d’ingresso una granata e, meglio ancora, se due, a forma di croce.
I prodigi di quella notte non finiscono qui. Continuate a seguirmi, perché domani potreste imparare anche una nuova ricetta per diventare più belli, una necessità particolarmente sentita oggi, in prossimità dell’abbandono delle mascherine anti-Covid.
Nella foto: il ballo delle streghe
1 Commento. Nuovo commento
Caro Giampiero,
qui di seguito ti invio una lirica ispirata dalla tradizione agreste della notte di S. Giovanni tra i mezzadri della mia terra in Umbria. Spero ti piaccia. Glauco
LA NOTTE DI SAN GIOVANNI
Il primo fuoco
sulla collina di fronte,
rompeva la notte.
Apparivano
a uno uno,
altri fuochi
nell’azzurro profondo.
si chiamavano
in silenzio, senza echi,
da Lacugnana
da Agello,
fino a Solomeo
e lungo la Caina.
Un cielo parallelo
e capovolto si formava,
nella notte di San Giovanni.
a specchiare
quello lontano e baluginante
della prima estate.
Quindi sorgeva la luna.
Come le Vergini Stolte,
senza risparmio di olio,
portava per la campagna
la lampada
a rischiarare
la ola delle spighe di grano,
i ciglioni gremiti
di grilli:
inesausti cantori
di monodie alle stelle,
le rauche raganelle
nascoste nei cretti
delle tròsce riarse.
Era allora ,a Torricella,
che il capo di casa
con un cenno ordinava
il vino e i bicchieri.
Le donne ,sollecite,
recavano fiasche
di fresco trebbiano.
Tutti ,intorno ai tizzoni
ormai esauriti,
bevevano con compunzione
accompagnando
l’ultima fiamma ,
contenti del rito avvenuto
che avrebbe salvato
il grano nei campi
e, nascoste trai pampini,
copiose uve
pendenti dai tralci
avvinghiati
agli aceri e agli olmi,
con la certezza
di un altro anno di vita.
24 Giugno 2008