La monaca di Lucca 5
Rimanda e rimanda, ma finalmente il vicario del vescovo dovette inchinarsi al volere di Papa Paolo V ed inviare la relazione su quanto era successo nel convento di Santa Chiara. In quell’intervallo, pare che suor Umilia, abbia continuato a coltivare i suoi incontri notturni ed anche diurni, minacciando le consorelle, semmai avessero riferito delle sue divagazioni. Esse non lo avrebbero fatto: vivevano inquiete e nel refettorio mangiavano con il sospetto di essere avvelenate.
Suor Umilia aveva liquidato parte dei vecchi amanti per uno nuovo: il potente Simo Menocchi, con il quale, a dispetto della badessa si intratteneva frequentemente. Addirittura il Menocchi le dedicava serenate sotto la finestra della sua cella.
Dopo la relazione, la sentenza del Papa
Alla relazione del vicario, seguì la sentenza emessa dal Papa, nel febbraio 1609. Con essa si condannava in perpetuo suor Orizia ad essere chiusa in una stanza dalla quale poteva uscire soltanto “per ascoltare la messa e ricevere il sacramento dell’eucarestia e della penitenza nei giorni più solenni dell’anno…”. Si aggiungeva la privazione del velo e dello scapolare.
Suor Umilia veniva condannata come la consorella, ma soltanto per il periodo di sette anni.
Alle altre suore venivano comminate pene minori.
Oggi, noi ci sorprendiamo perché mai suor Orizia Orsucci subisse una condanna più pesante rispetto a quella riservata a suor Umilia. A quel tempo, invece, fu Simo Menocchi a sorprendersi che la sua amante fosse condannata. Egli si era dato molto da fare affinché il fratello Giulio, governatore di Todi e intimo amico del Papa, intercedesse per lei, allo scopo di mandarla assolta.
Evidentemente, nonostante l’alta raccomandazione, il Papa non poté chiudere entrambi gli occhi. Ne chiuse uno, facendo scontare a suor Orizia, la pena che avrebbe dovuto essere riservata alla Malpigli.
Di sette anni di segregazione, suor Umilia ne scontò nove, non volendo piegarsi alla volontà del papa che chiedeva fosse privata dalla veste monacale.
Lei non intendeva subire tale umiliazione e preferì piuttosto restarsene nella sua prigione, fino al 1618.
Quando ne uscì, aveva 46 anni. Non si conosce la data della sua morte, essendo andati distrutti i documenti conservati nel convento.
Suor Umilia Malpigli, consolata da altri amori, aveva dimenticato Massimiliano Arnolfini, ma lui, evidentemente, non era riuscito a farlo.
Massimiliano Arnolfini torna a Lucca
Condannato in contumacia ad “aver mozza la testa”, si era rifugiato prima in Val di Magra, presso un tal marchese protettore di banditi. Poi si disse che fosse andato in Fiandra dove la famiglia aveva degli interessi.
Si disse anche che il fatto di vivere con una taglia sul capo di 500 scudi per chi lo uccidesse in qualsiasi parte del mondo, il vivere lontano dalla patria e con il rimorso di aver ucciso Lelio Buonvisi e di aver reso infelice l’amata donna, lo avesse reso “stolido e mentecatto”.
Tanto pazzo che dopo 22 anni di latitanza, ritornò in Lucchesia ed esattamente a Camigliano presso quella Villa Torrigiani, dove sapeva che la sua Lucrezia aveva trascorso delle ore felici.
La sua cattura
Fu catturato. La vecchia madre implorò per lui che gli fosse commutata la pena del taglio della testa, in considerazione anche del suo stato mentale.
La sua preghiera fu accolta: la pena fu commutata ma con altra forse più atroce. Fu ordinato di murarlo vivo, fin che morte non sopravvenisse, nella torre Matilde di Viareggio.
In quello strettissimo ambiente, senz’aria, in mezzo ad un fetore insopportabile, Massimiliano visse fino al 1629. Quando morì, aveva 60 anni di cui 22, li aveva trascorso ramingo per il mondo e 14 nella prigione di Viareggio.
Morì con il nome di Lucrezia sulle labbra.
P.S. Per scrivere queste note su Lucrezia Malpigli e Massimiliano Arnolfini mi sono avvalso dell’accuratissimo libro “Storia di Lucrezia Buonvisi” di Salvatore Bongi.
Questa vicenda ha suscitato e continua a suscitare un forte interesse a Lucca e fuori Lucca per la forte somiglianza fra suor Umilia lucchese e suor Gertude, personaggio dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Il 3 dicembre 2011, a Lucca, sulla base dei documenti storici conosciuti, fu riproposto il processo a Lucrezia Buonvisi, presso la ex chiesa di San Romano. La sentenza fu emessa il giorno successivo. Lucrezia fu assolta.
Nella foto: la torre Matilde di Viareggio