Per i benpensanti, la scampanata rappresentava la peggiore delle tradizioni, perché, come osserva Idelfonso Nieri era “… storta, ingiusta, intollerante, offensiva della libertà altrui, e per le cose che si gridavano, anche di scandalo e di vergogna”.
Il «Fulmine secondo», giornale lucchese del secolo scorso, la definisce “una sagra immorale e laida”, tuttavia, nonostante l’universale condanna, era diffusa in tutta Europa, pur conosciuta con nomi diversi.
In particolare, presi di mira erano vedovi e vedove che convolavano a seconde nozze, o l’anziano o il vedovo che sposava una ragazza, o viceversa una vecchia che sposava un giovane: in genere, quindi, chi sposandosi, usciva dagli schemi consueti.
Solitamente si celebrava, sotto le finestre delle coppie prese di mira, utilizzando vanghe, badili, secchi sfondati, tegami, barattoli, e tutto quanto poteva servire a far rumore, amplificandolo, come se non bastasse, con fischi, campanelli, tamburi e trombe. Si intendeva così commentare le nozze o legami, giudicati, a priori, sconvenienti.
Un esempio di cosa si intendeva per “sconvenienza”, ce lo offre quel povero frate di san Cerbone colpevole di essersi innamorato perdutamente di una contadina di Vorno. Fu quella di Badia di Cantignano, la più imponente, la più chiassosa, la più partecipata scampanata nella storia di questo deprecabile uso popolare. Durò per cinque sere e richiamò circa 2.000 persone, armate di tutto punto per far rumore.
Il giornale “Fulmine secondo”, dapprima si appellò alle Autorità perché mettessero fine a quella manifestazione indegna, a carico di un cittadino senza colpe e poi si dolse che queste rispondessero alla richiesta, inviando sul posto solo 4 carabinieri, i quali avrebbero dovuto tenere a freno i “…dimostranti dei paesi di Pontetetto, S. Michele, S. Lorenzo a Vaccoli, Gattaiola, S. Maria del Giudice, S. Pantaleone, Guamo, Badia, Vorno e Coselli.”
Potevano far ben poco ed infatti – racconta il “Fulmine” – “… i carabinieri arrestarono una vanga per non poter arrestare il detentore di quello strumento”.
I vedovi e le vedove ben sapendo quel che poteva succedere, cercavano di sposare dopo cena o di notte inoltrata o al mattino presto tenendo nel massimo segreto il loro progetto, ma chissà come, il fatto trapelava sempre, perché almeno tre persone, oltre agli sposi, andavano coinvolte: il prete e i due testimoni, che diventavano quattro con la onnisciente, quanto pettegola perpetua. Così la scampanata era sempre assicurata.
D’altra parte anche la Chiesa, ci mise un po’ di tempo a capire che pure i vedovi avevano tutto il diritto di rifarsi una vita. Si pensi che ancora nel secolo XVII, quando la sposa era vedova, il prete non poteva dir messa durante la cerimonia del matrimonio e quindi gli sposi dovevano accontentarsi di una fugace benedizione. La scampanata terminava quando gli sposi si arrendevano ed invitavano tutti i manifestanti in casa, mettendo loro, a disposizione, dolci, se ce n’erano, e le damigiane di vino di cui disponevano. Chi non era in condizione di offrire tanto, doveva rassegnarsi a sopportare per sere e sere la perfida serenata.
Nella foto: rievocazione di una scampanata ad Anghiari.