Le fiamme dell’inferno in camera da letto
Abbiamo lasciato gli sposini, su per le scale, spossati dal viaggio di nozze, inappetenti, desiderosi soltanto di guadagnare il letto.
Salendo la scala, gli sposi si facevano luce con il lume a petrolio che veniva riposto sul pavimento, al lato del letto destinato allo sposo. La debole luce proiettava le loro ombre sulle pareti e sul soffitto e la stanza si riempiva di bagliori ed imbarazzi.
Le lenzuola candide profumavano di spigo, sopra il saccone-materasso, riempito di tenere foglie di granturco.
A Cardoso facevano trovare in camera una bella mela cotogna che la sposa doveva mangiare.
Poi veniva la parte più difficile, quella di spogliarsi davanti ad estranei. Ed almeno i loro corpi erano estranei, perché i buoni cristiani, secondo l’insegnamento del prete, avrebbero dovuto trascorrere il periodo del fidanzamento senza toccarsi e senza baciarsi e figuriamoci se potevano andare oltre.
Indispensabili le mutande lunghe
Racconta Tullio Bianchini: “Quando si faceva all’amore fra marito e moglie bisognava sempre volere un figliolo e sempre farlo con la camicia e con le mutande lunghe”.
Neanche quella sera, era loro consentito vedersi nudi, per cui lei chiedeva a lui di voltarsi, mentre indossava la lunghissima camicia da notte. Lo sposo si levava i pantaloni ma entrava nel letto con le mutande lunghe. Così pronti per l’assalto aspettavano che la madre di lei, salisse in camera da letto per spengere il lume. Ciò ad evitare che lo facesse uno degli sposi, perché – si diceva – che lo “spengitore” sarebbe morto per primo e, quindi ragionevolmente, si preferiva affidare ad altri tale operazione.
Troviamo la stessa superstizione in tantissime parti d’Italia.
Dopo il segno di croce ed una breve preghiera, si mettevano al lavoro, tenendo ben presente che la situazione era molto delicata e bastava perdere di vista per un attimo lo scopo di quell’unione per commettere peccato mortale e finire nelle fiamme dell’Inferno.
L’insegnamento del prete
Sul punto il prete non ammetteva deroghe. Lo ripeteva all’infinito nelle sue prediche nelle quali, racconta ancora il Bianchini, “…passava in rivista tutti i sette peccati mortali senza conta’ quelli che poi ci metteva di suo”.
Anche l’orgasmo avrebbe dovuto essere contenuto. Lei non poteva eccedere negli entusiasmi, se non voleva passare per una poco di buono: al massimo le era consentito segnalare l’acme del piacere con un «Gesuemmaria», appena sibilato all’orecchio di lui.
Nella foto: Tetti di Lucca
3 Commenti. Nuovo commento
troppo forte …leggerti è un vero piacere, grazie !!!!
È veramente piacevole leggere delle tradizioni passate del nostro territorio e dell’Italia! Grazie per le tue ricerche.
Grazie,