Questa è l’estate di San Martino. Godiamoci l’ultimo sole.
Era l’11 novembre: una giornata umida, nebbiosa e fredda, quando certo Martino in groppa al suo cavallo, si imbatté in un povero derelitto, mezzo nudo, e ne ebbe compassione. Il cavaliere, balzato a terra, con la sciabola divise il suo mantello in due e ne dette una metà a quel pover’uomo. Risalito in sella e percorso un breve tratto di strada, Martino vide spuntare il sole e provò ristoro da quel tepore.
Ecco perché ogni anno, nella prima quindicina di novembre, si rinnova questo periodo di caldo relativo che noi chiamiamo ‘l’estate di San Martino’. Un fenomeno atmosferico comune a gran parte del nostro emisfero. Si presenta ad esempio, puntualmente in California, dove si conosce come ‘estate degli indiani’. Quella stessa notte, il generoso Martino sognò Gesù, che dopo avergli mostrato la parte del mantello donato al povero, lo ringraziò e lo fece santo.
Questa è la leggenda che ha ispirato pittori e scultori, inducendoli a fermare sulla tela o nel marmo, l’immagine del santo nel suo gesto di amore: un mirabile esempio, lo possiamo osservare sulla facciata del duomo di Lucca.
Il santo Martino garantiva inoltre il rinascere della natura dopo la “morte” invernale. Proprio per questo, l’11 novembre, fu scelta come termine di scadenza per il rinnovo dei contratti di mezzadria.
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Caro Gianpiero, a proposito di mezzadria io ne sò molto per il mio paese di origine: l’Umbria .Ho fatto ,una volta andato in pensione ,approfondite ricerche sulla mia famiglia, che ha vissuto e operato ,generazione dopo generazione dalla metà del XVI secolo al 1895,sempre nella stessa Tenuta (del Pischiello) dei marchesi Bourbon del Monte di Sorbello ,che aveva trentasette poderi, tutti a mezzadria sulle colline in fronte al Lago Trasimeno tra Passignano e Tuoro .Nel1950 sono venuto nel Compitese a s.Ginese dove ho vissuto per sette anni ed ho conosciuto di persona gli epigoni della vita contadina .A s.Ginese, ma con il passare del tempo ho constatato che anche in altri paesi della Lucchesia tutti i contadini erano proprietari della propria casa , dei campi , delle attrezzature e del bestiame necessari per vivere e condurre il podere .Mi ero fatto l’idea che la Lucchesia fosse ,anche per l’agricoltura, un’isola rispetto al resto della Toscana dove la quasi totalità dell’agricoltura si articolava in grandi proprietà prevalentemente in mano dell’aristocrazia o della Chiesa che la gestivano a mezzo della colonia parziaria(mezzadria) o dei Livelli. Sento da più parti e leggo ,invece, che la mezzadria era abbastanza diffusa anche a Lucca .Mi chiedo ,peraltro, se comunque ,a Lucca, la piccola proprietà fosse prevalente rispetto alla mezzadria .Mi sai dire qualcosa di più su quest’ultima? Grazie. Ciao .Glauco
La mezzadria, in Lucchesia, era assai diffusa perché si soleva dividere l’eredità tra tutti i figli e quindi la proprietà terriera andava sempre più frazionandosi fino a divenire insufficiente al vivere di una famiglia. Anche per questo tanti giovani erano costretti ad emigrare verso Paesi che potevano offrire lavoro. Restavano integri i poderi dei nobili i quali, invece, erano soliti lasciare i propri fondi al primo dei figli maschi. Da qui lo sviluppo della mezzadria come necessità per chi non intendeva emigrare,
Mi ricordo che per S. Martino, ogni anno, mio padre mi metteva a sedere sul sellino posteriore del suo motore e si andava dal contadino per fare i conti. Oltre al contadino e mio padre. c’era un contabile che faceva le somme di quanto il contadino aveva incassato e di quanto aveva speso. Molte volte era mio padre che doveva a lui dei soldi e questo creava dei momentanei dissidi con mia madre che era la proprietaria. Quello che personalmente ricordo era il coniglio che la contadini cucinava per questa occasione una pietanza così buona non l’ ho più’ mangiata.