Si andava ‘a levar la volpe’ quando la farina non bastava
C’erano dei lavori che aggregavano le persone e costituivano motivi di festa, come lo sfoglio del granturco, la vendemmia, la mietitura ecc. Queste operazioni richiedevano spesso l’intervento di molte persone, per poterle concludere nel giro di pochi giorni. Si doveva evitare che quei temporali improvvisi, guastassero la raccolta.
In ottobre, all’abbacchiatura ed alla raccolta delle castagne, partecipavano anche i bambini che, in quei giorni, venivano esonerati dal frequentare la scuola.
Era così importante parteciparvi che il prete anticipava la “prima Messa”, ad ore impossibili.
È noto come le castagne fossero preziose per la gente di montagna. Tolte dal riccio, subivano il trattamento di essiccazione attraverso il metato. L’operazione successiva era quella della ‘battitura’, dalla quale si otteneva il frutto, pulito di guscio e pecchia.
Anche la battitura diventava una festa. «In tale occasione – racconta Luigi Pellegrini – solevano anni addietro le ragazze ammannire un canestro infioccato, ripieno di frutta con una bottiglia di liquore forte legata al manico, e tenerlo tutto il giorno esposto fuori del metato; e poi la sera serviva per la cena che suole coronare questa faccenda».
Quando la farina non bastava
La castagna dava la farina, ma a volte accadeva che non bastasse, o per lo scarso raccolto, o per le troppe bocche da sfamare. Allora si “andava a levar la volpe”. Si diceva così quando si era costretti a togliere dall’essiccatoio, ancora calde, manciate di castagne secche da macinare per rispondere ai morsi della fame.
Verso la fine dell’autunno, si compiva, in gruppo, un’altra operazione conosciuta come ‘lo spiccio’. Si potavano i castagni, e i rami più folti venivano portati nelle case, per ricavarne castelletti di foglie per gli usi quotidiani.
Le serate trascorrevano in allegria ed erano occasioni di incontro per giovani e ragazze. La gente più matura dava segni di apprezzare molto di più le ballotte (ballocciori) o le caldarroste (mondine), o necci, sempre accompagnati da picciolo e meglio, se da vino “franco”.
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È vero quello che dici io lo ricordo o molto bene ed era molto bello ci univa molto i neccio con le foglie di castagno fra una e l’altra un po’ di ricotta ero un piatto speciale e teneva unità la famiglia e amici Molte grazie per ricordare questo periodo