Si ricorreva al prete per disinfestare
Con l’inizio del secondo mese di primavera, dovremo cominciare a fare i conti con l’invasione degli insetti di ogni tipo: dalle mosche alle formiche, dagli scarafaggi ai bruchi nei campi, fino alle fastidiose zanzare. Prima della seconda guerra mondiale, in assenza di DDT o succedanei, la gente si aiutava come poteva.
Nelle campagne lucchesi, per legittima difesa, si praticava un ingegnoso sistema inteso a catturare le mosche. Si tramandava da generazione in generazione e ci è riferito da Gino Dell’Aringa: “…i contadini legavano penzoloni al soffitto mazzi di erba e di foglie di alberi spruzzati di latte. Alla sera, quando quelle vi si erano posate, le racchiudevano in un sacco, e dopo averle sbatacchiate per ammazzarle, le gettavano alle galline le quali ne sono ghiotte.”
Un sistema ecologico per catturare gli insetti
Un sistema geniale, sicuramente da brevettare, perché univa all’utilità che ne derivava alla famiglia, l’economia del mezzo impiegato, l’operazione di riciclaggio che trasformava gli insetti molesti in cibo per animali, e il doppio rispetto per l’ambiente.
Per eliminare scarafaggi, bruchi e formiche, invece, ci si rivolgeva al prete. Per quanto riguarda le formiche, posso dire di esserne stato testimone io stesso, da bambino, e di aver potuto apprezzare i risultati dell’intervento. Non sempre riusciva però.
Una bella benedizione del prete
Ricorda Idelfonso Nieri, il caso capitato a certi contadini di S. Pietro a Vico, i quali avendo il podere infestato dai bruchi chiamarono un frate che li benedicesse per allontanarli. L’operazione fu puntualmente eseguita con acqua santa in abbondanza e speciali orazioni lette sul breviario dal religioso.
Dopo qualche tempo, il frate si trovò a ripassare da lì e domandò se i bruchi ci fossero ancora.
“Ah bel mi frate! Prima mangiavano le foglie e ora mangiano anche i rami”.
Probabilmente era una questione di saper regolare l’acqua santa, né troppa né poca, come chiedeva il nostro Geppe, al cappellano del paese:
La pacensia sta ben, ma ir troppo è troppo!
Prima vento, po’ gràgnola, òra béi…
Nun poterò sarva’ nemmanco un pioppo,
sor cappellan, se ‘un mi ci pensa léi!
Badi, però, accomòdi l’acqua santa!
Me la ‘àrii, perché in quer di Zima,
se n’ariorda? ce ne diede tanta,
e, gioo ladro, c’en più di prima!
Il quadro: Henri de Toulouse-Lautrec, La Modista, 1900, Museo Toulouse- Lutrec, Albi.
5 Commenti. Nuovo commento
Non funzionavano neanche i “preti di una volta”…o veleni o insetti…
Piacevole lettura
Grazie Giuliano.
Raccontato sempre da mia nonna e mia madre, in casa ci fu una invasione di scarafaggi chiamarono l’allora prete di Vico
Pancellorum – non ne ricordo il nome – dette una benedizione e gli scarafaggi scomparvero. Quando poi furono cambiati i fornelli che erano in muratura sono state trovate tracce degli scarafaggi. P
Un tempo, nessuno si meravigliava alla sparizione degli insetti dopo la benedizione di un prete. Grazie per il tuo intervento che conferma la tradizione.