Viva Leopoldo!
Come oggi, nel 1859, il Granduca di Toscana, Leopoldo II di Lorena, lasciava per sempre Firenze, per consentire, dopo 290 anni di Granducato, l’insediamento di un governo provvisorio che dieci mesi più tardi portò all’annessione al regno di Sardegna.
Il 27 aprile 1859, viene oggi celebrato come il giorno dell’indipendenza della Toscana.
Leopoldo II se ne andò, non fu cacciato; anzi furono in molti a dispiacersene e a manifestargli la propria gratitudine.
Il nonno Pietro Leopoldo abolì la pena di morte
Era il nipote di quel Pietro Leopoldo che aveva governato la Toscana nella seconda metà del XVIII secolo, autore di riforme che furono di esempio per il mondo intero.
Fu la sua legge del 30 novembre 1786 che per la prima volta in Europa aboliva tortura e pena di morte. Quella legge mitigava le pene, introduceva la pubblicità del processo, conteneva la carcerazione preventiva, e garantiva a tutti, la superiorità della legge rispetto al giudice.
Dunque, un sovrano “illuminato”, tanto che perfino i lucchesi invidiavano gli abitanti delle città assoggettate al suo imperio.
Leopoldo II concesse la costituzione
Leopoldo II continuò l’opera del nonno, rendendo la Toscana una terra libera dove potevano trovare rifugio esuli e perseguitati, esponenti della cultura italiana del tempo, come accadde a Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Guglielmo Pepe, Niccolò Tommaseo.
Era un fautore della stampa libera. Ad un ambasciatore austriaco che gli fece osservare: “in Toscana la censura non fa il suo dovere”, lui rispose: “ma il suo dovere è quello di non farlo”.
Nel 1848 concesse la Costituzione, e fece nascere il primo governo costituzionale che concesse pieni diritti ai cittadini di tutte le religioni. Non soltanto fu autore di queste riforme, veramente innovative, sul piano civile, ma pianificò un forte sviluppo della rete ferroviaria toscana.
Le opere pubbliche
Dette vita alla “Leopolda” che permetteva di raggiungere Livorno, passando per Pisa. Fece costruire la “Maria Antonia”, ferrovia che da Firenze, passando per Prato e Pistoia, raggiungeva Lucca. Ampliò il porto di Livorno, bonificò la Maremma e la zona del nostro lago di Sesto, restituendo le terre alla coltivazione. Abbassò le tasse.
Il re Travicello di Giuseppe Giusti
Per questo non posso essere d’accordo con il nostro concittadino, il poeta Giuseppe Giusti, che, riferendosi a lui, scrisse la famosa poesia “Il re Travicello”. Era questo un pezzo di legno gettato in uno stagno a comandare le rane. Non faceva né bene né male: per cui questi animali dovevano dimostrargli gratitudine perché, in fondo, per cui in fondo, non avevano nessuno a comandarle.
Ecco una strofa di questa poesia, che vi invito a rileggere per intero.
Tacete, tacete;
lasciate il reame,
o bestie che siete,
a un Re di legname.
Non tira a pelare,
vi lascia cantare,
non apre macello
un Re Travicello.
Si dice che Leopoldo II, ritenesse molto offensiva l’intera poesia, ma poi finì per perdonare l’impertinente poeta lucchese.
Nella pittura il Granduca di Toscana, Leopoldo II di Lorena
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